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  • Informazioni generali

    Descrizione

    Il castagno (nome scientifico Castanea sativa) è un fruttifero diffuso largamente nella nostra penisola e in tutta l’area del mediterraneo. È considerato un frutto minore in quanto la sua produzione non è di primaria importanza come può essere ad esempio quella del melo.

    La pianta di castagno vegeta in maniera ottimale in collina a quote di 500-600 m fino a zone pedemontane sui 1000-1200 metri.

    Per quanto riguarda la morfologia della pianta, il castagno è un albero che raggiunge in condizioni naturali altezze che vanno dai 25 ai 30 metri. Queste dimensioni sono raggiunte anche dalle piante coltivate su innesto franco, dimensioni più ridotte si possono avere con diversi tipi di portainnesti. Il castagno è una pianta anemocora: ciò significa che la dispersione del polline è affidata al vento.

    Sebbene la specie di castagno sia una pianta monoica, è anche autosterile ciò significa che per l’impollinazione è necessario coltivare più varietà. Alcune varietà di marrone sono però astaminiche cioè i fiori non producono il polline e quindi le piante non sono capaci di autofecondarsi.

    I frutti si formano in numero variabile da uno a tre all’interno di ricci, le piante incominciano la produzione dopo circa 4 anni dalla germinazione. La produzione non è sempre costante durante le diverse annate, infatti è possibile che ad una grossa produzione caratterizzata da frutti di media o piccola grandezza ne segua una con una quantità di frutti minori ma di più grande dimensione.

    La differenza tra le normali castagne e i marroni sta prima di tutto nelle dimensioni e nella forma. I marroni sono più globosi, hanno una forma tipicamente ovale od ovale-ellittica, al loro interno la polpa non è attraversata dalla pellicola che rimane solo esternamente a protezione. La polpa inoltre è più zuccherina e dopo la cottura riesce a restare intatta senza sfarinarsi come avviene nelle normali castagne. Di conseguenza, per le caldarroste (cotte sulla brace)si usano di preferenza i marroni, più dolci, più grandi e più facili da spelare, mentre le castagne che crescono da alberi spontanei non innestati vengono per lo più usate per la produzione di farina.

    I castagneti ben tenuti a cui vengono fornite tutte le cure necessarie sono molto longevi, una singola pianta di castagno può superare anche il secolo di vita.

    Di particolare interesse è il suo legno che viene utilizzato per varie lavorazioni risultando essere molto resistente. I boschi di castagno destinati alla produzione di legna vengono definiti paline di castagno.

    Principali varietà italiane

    Marrone

    • Marrone di Lione

    • Marrone dell’Amiata

    • Marrone di Viterbo

    • Marrone di San Mauro

    • Marrone biondo dell'Appennino bolognese

    • Marrone di Castel del Rio

    Castagna

    • Salvaschina

    • Bracalla

    • Carpinese

    • Napoletana

    • Garrone nero

    • Garrone rosso

    • Gentile

    • Riggiola

    • Pistolese
    • Tempestiva
    Per ottenere una buona produzione di frutti è necessario coltivare diverse cultivar prestando attenzione anche alle associazioni tra di esse. Infatti, malgrado si tratti di una specie arborea i cui fiori di entrambi i sessi si trovano sullo stesso albero (specie monoica), il castagno domestico non è in grado di auto-fecondarsi. Per essere impollinato, esso dipende quindi di un altro albero (fecondazione incrociata). Il castagno possiede i caratteri tipici sia delle specie impollinate ad opera di insetti (entomogamia) che di quelle impollinate dal vento (anemogamia).

    Terreno

    Il castagno necessita di un terreno sciolto mediamente fresco e profondo, sono ottimali i terreni ricchi di scheletro con pH possibilmente di 5-6,5. Valori più alti non sono tollerati dalla pianta per correggerli consultare il paragrafo sulla concimazione.

    Sono da evitare i terreni calcarei e molto compatti. Sono da preferire i terreni pianeggianti e quelli leggermente in pendenza dove si può avere una raccolta molto agevolata.

    Esposizione

    Le esigenze in fatto di esposizione non sono particolari tuttavia una collocazione ottimale del castagneto può favorire la resa in termini di raccolto. È meglio scegliere un terreno libero lontano dall’ombra di grandi alberi o boschi vicini.

    La Castanea sativa è una specie eliofila necessita quindi di un esposizione totale al sole. Ci sono però alcune differenze da fare in base alla tipologia di terreno. I castagneti coltivati su terreni in pendenza prediligono un orientamento sud-est o sud. Nelle zone più fredde sono da evitare gli orientamenti a est e nord.

    Anche la collocazione del castagneto (nord o meridione) può essere diversa, ad esempio al nord un castagneto viene coltivato dai 200 fino ai massimo 900 metri. Al sud invece la coltivazione avviene fino ai 1200-1300 metri con un orientamento però a nord-est oppure sud-est.

    Sesti di impianto

    I sesti di impianto per il castagno variano a seconda del portainnesto utilizzato e della fertilità del terreno. Per i portainnesti su franco le distanze sono di 10 metri tra le file e tra le piante. I terreni invece più poveri possono avere una densità di impianto maggiore con una distanza tra le file di 8 m e 7 m tra le piante. Le distanze tuttavia variano anche in funzione della varietà scelta.

    I sesti di impianto cambiano però anche a seconda della varietà coltivata. I marroni ad esempio (le varietà a frutto grosso) richiedono una distanza di 8 metri tra le piante e 9 metri tra le file. Gli ibridi euro-giapponesi invece necessitano di circa 6 metri tra le piante e 7 metri tra le file.

    Portamento e caratteristiche della pianta

    La pianta di castagno può raggiungere dimensioni considerevoli, in natura la sua altezza massima è di 30 metri con un estensione della chioma di circa 15 metri. L’albero di castagno ha un portamento colonnare e una chioma globosa molto espansa, quindi le distanze di impianto minime richieste sono abbastanza ampie.

    La singola pianta di castagno presenta sia fiori femminili, facilmente riconoscibili con il loro aspetto a riccio e sia fiori maschili i cosiddetti amenti. Le piante però sono autosterili e per l’impollinazione è richiesta la presenza di varietà diverse.

    Come per altre piante da frutto anche il castagno è soggetto al fenomeno dell’alternanza della produzione, si avranno quindi annate con una produzione abbondante seguite da altre con produzione scarsa o talvolta quasi nulla. Non c’è quindi da allarmarsi se nel proprio castagneto si verifichino questi fenomeni. Non tutte le piante manifestano l’alternanza della produzione lo stesso anno, si possono avere piante molto produttive e altre meno produttive nella stessa stagione. Tramite interventi mirati di potatura dopo gli 8-9 anni di età si potrà limitare questo fenomeno.

    Forme di allevamento

    Le forme di allevamento del castagno assecondano principalmente il portamento naturale della chioma, si può dire quindi che non c’è una vera e propria forma di allevamento ma una serie di interventi che assicurano un buon stato di sviluppo delle ramificazioni.

    La pianta di castagno (Castanea sativa) è una specie eliofila, ciò significa che necessita di un ambiente aperto e un esposizione in pieno sole per poter vegetare al meglio. La chioma dovrà essere allevata attentamente, deve svilupparsi in modo uniforme ed equilibrato. Di conseguenza le distanze di impianto dovranno tenere conto anche di questo aspetto, pena il facile deperimento delle ramificazioni laterali colte da seccume (malattia comune su questa specie).



    Malattie, parassiti e avversità

    Le malattie che interessano questa pianta possono colpire sia i frutti che la parte vegetativa e sono in numero piuttosto elevato, bisogna quindi intervenire in tempo effettuando i dovuti trattamenti e attuando una strategia di lotta che preveda anche un attenta osservazione e diagnosi nonché una prevenzione.

     Le malattie batteriche pericolose per il castagno sono:

    Anche gli insetti possono provocare danno ai frutti e alla pianta tra di essi:

      

    Tra le malattie più diffuse troviamo il cancro della corteccia (vedi foto), comparso nel XX. secolo e proveniente dagli Stati Uniti dove  ha decimato la popolazione di castagno una volta molto diffusa. All'arrivo in Europa ha invece assunto una forma ipovirulenta che non porta più alla morte della pianta ma solo a quella di alcune branche. Essendone la cura molto incerta e dispendiosa, è ormai consigliata solo la rimozione e l'eliminazione delle branche malate in fase di potatura. Il mal d'inchiostro, diffuso già nel secolo precedente, ha trovato recentemente una possibile spiegazione della sua origine nella carenza di azoto: la tradizionale pratica culturale della rimozione dal castagneto di ogni presenza vegetale non necessaria ai fini della raccolta (come erba, foglie secche, ricci) avrebbe alla lunga impoverito i terreni inducendo la malattia. Recentemente si è diffusa su quasi tutto il territorio nazionale un parassita nuovo, chiamato cinipide del castagno o vespa cinese (Dryocosmus kuriphilus).

    La vespa cinese

    Il cinipide del castagno o vespa cinese (Dryocosmus kuriphilus) è un imenottero detto galligeno perché induce la comparsa di ingrossamenti tondeggianti detti galle su germogli e foglie delle piante colpite nei quali la sua larva compie il ciclo vitale.E' particolarmente dannoso per il castagno e le specie affini: viene considerato infatti l'insetto più nocivo a livello mondiale a causa del veloce deperimento delle piante che attacca. Il cinipide attacca i germogli delle piante ospiti causando la formazione di galle, arrestandone la crescita vegetativa e provocando una riduzione della fruttificazione. Infestazioni gravi possono portare al deperimento della pianta.

    Distribuzione

    Esso è originario della Cina, poi introdotto in Giappone e in Corea, solo in seguito negli USA. La sua diffusione è stata molto rapida anche grazie all'assenza di limitatori naturali in grado di contenerne la diffusione.

    Ha fatto la sua comparsa in Europa nel 2002 con i primi avvistamenti in Italia nella provincia di Cuneo. Negli ultimi anni si è diffuso ulteriormente, interessando 15 delle 20 regioni italiane. Nel 2009 infatti Dryocosmus kuriphilus risulta assente solamente in Valle d'Aosta, Basilicata, Molise, Sicilia, Puglia e Calabria. Nel 2011 ha pesantemente infestato anche la Liguria. Nel 2016 ha colpito nuovamente la Campania, dopo un'annata in cui ne era stata limitata la diffusione.

    Inoltre è presente in FranciaSlovenia e Svizzera.

    Lotta biologica

    Negli anni 70 viene scoperto in Cina l'imenottero parassitoide Torymus sinensis Kamijo interessante per la sua specifica capacità limitatrice. Le prime introduzioni del parassita furono effettuate in Giappone a partire dal 1982 dove si è insediato abbattendo la popolazione del cinipide in un arco di tempo di circa dieci anni. Tale esperienza è valsa a finanziare un progetto della Regione Piemonte finalizzato all'introduzione del parassitoide nel territorio della regione. Dal 2003 si è iniziato dapprima con uno studio in laboratorio degli esemplari adulti ottenuti da galle raccolte in Giappone, e poi negli anni successivi si è passati alll'introduzione in pieno campo, con effetti di un'impennata della parassitizzazione nel 2009. Analoghe iniziative sono state intraprese dalle altre regioni investite del problema.

    Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha registrato, solo nel corso del 2014, diversi lanci di Torymus sinensis nelle regioni più colpite d'Italia:

    • 12 lanci in Val d'Aosta

    • 60 lanci in Piemonte

    • 60 lanci in Lombardia

    • 18 lanci in Trentino Alto Adige

    • 24 lanci in Veneto

    • 56 lanci in Emilia Romagna

    • 56 lanci in Liguria

    • 118 lanci in Toscana

    • 40 lanci nelle Marche

    • 30 lanci in Umbria

    • 116 lanci nel Lazio

    • 46 lanci in Abruzzo

    • 184 lanci in Campania

    • 40 lanci in Basilicata

    • 116 lanci in Calabria

    • 20 lanci in Sicilia

    A questi lanci bisogna sommare le iniziative curate dalle Associazioni castanicole che hanno monitorato 500 lanci nel 2013 e 1000 lanci nel 2014.




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  • Attività in castagneto

    Gestione dei castagneti da frutto

    Nella cultura e nella tradizione del nostro territorio, la castanicoltura da frutto riveste un ruolo molto importante per le zone di montagna, non solo per le potenzialità produttive ma anche per le molteplici funzioni che svolge nei confronti dell’ecosistema pedemontano. Vale la pena riaffermare, in questo contesto, che la castanicoltura non assolve solo funzioni produttive ma garantisce la salvaguardia dell’integrità ecologica e paesaggistica, la difesa del suolo, la conservazione delle acque e del patrimonio forestale, la valorizzazione dell’ambiente montano, consentendo la fruizione del territorio a fini turistici e ricreativi. 
    il castagneto è un ecosistema forestale


    Come regola fondamentale per la gestione bisogna ricordarsi che il castagneto, come ecosistema forestale, va aiutato a ritrovare il suo equilibrio naturale. Inoltre, con la diffusione del cinipede del castagno, o vespa cinese, sono diventati necessari alcuni interventi per creare dei nuovi equilibri anche nei confronti di questo recente parassita.
    Occorre infatti accettare che la vespa cinese, così come il mal d'inchiostro e il cancro della corteccia, è diventata parte dell'ecosistema del castagneto.
    Ciò significa che perfino semplici gesti come la rimozione o lo smaltimento degli avanzi di potatura andranno fatti in base alle esigenze della lotta al parassita nuovo. Le indicazioni qui riportate hanno lo scopo di favorire la diffusione del Torymus sinensis, insetto antagonista della vespa cinese. Queste indicazioni sono quelle attualmente accettate, ma non sono da considerarsi definitive, in quanto le sperimentazioni sono tuttora in corso.

    Pratiche colturali  per favorire la diffusione del Torymus sinensis

    • non effettuare trattamenti chimici nei castagneti;
    •  durante l’inverno si potranno effettuare lavori di potatura rimuovendo solo il legname e lasciando sul posto tutto cio’ che ha galle (secche);
    •  non bruciare o distruggere assolutamente materiale vegetale negli impianti dove sono stati effettuati i lanci dell’insetto utile Torymus sinensis, per almeno due/tre anni in quanto tale pratica può compromettere l’insediamento dell’insetto utile sinensis oltre ad asportare una fonte di sostanza organica necessaria per lo sviluppo e vitalità della pianta;
    •  non distruggere il fogliame a terra ed i residui di potatura prima della fine di maggio (del secondo anno dalla loro caduta) in quanto si asporterebbero anche le uova e lelarve dell’insetto utile utilizzato nella lotta biologica; infatti il sinensis, e altri parassitoidi autoctoni, svernano nelle galle dove hanno ucciso le larve del cinipide e ne escono da adulte sfarfallando durante la primavera successiva;
    In generale l’obiettivo è quello di preservare tutte le galle, tenendo conto del fatto che parte dei Torymus sfarfallerà dalle galle secche dopo due anni.

    Potatura

    Prima di pensare ai tagli veri e propri si dovrà prevedere la forma di allevamento per i giovani alberi. In realtà la scelta è quasi sempre mirata alla forma libera (vaso libero) o naturale poiché sarebbe oltretutto anche dispendioso in termini di intervento scegliere una forma diversa.
    Nei primi anni quindi ci si concentrerà sulla formazione di una buona struttura di base dotando se necessario le piante di un sostegno in modo da aiutarne la crescita verticale. Successivamente e man mano che la pianta cresce si imposterà la chioma con il taglio di succhioni o di rami troppo fitti.
    I succhioni sono rami senza frutti che crescono dritti in verticale, snelli, con corteccia più liscia e chiara delle branche fruttifere. Sono originati da una gemma latente, ovvero da una gemma rimasta in dormienza per un numero indefinito di stagioni. Per questa caratteristica, i succhioni emergono dal fusto o da rami legnosi di più anni di età, generalmente alla loro base. Solitamente vigoroso ed a marcato sviluppo verticale, per la sua competizione nei confronti di altri germogli tende a prendere il sopravvento. La loro attività è prettamente vegetativa e non contribuisce alla produzione dei frutti, anzi si crea uno squilibrio fra attività vegetativa e attività riproduttiva a scapito di quest'ultima. L'emissione di succhioni si verifica in modo intenso quando la chioma subisce una drastica e improvvisa decurtazione a causa di rotture, incendi, interventi cesori.

    polloni che partono dalla base di un ramo rotto

    Durante la potatura si elimineranno quindi i rami rotti dalla neve o dal vento e i rami secchi (per esempio essiccati a causa del cancro corticale). In corrispondenza dei rami rotti o seccati solitamente partono più succhioni dalla pianta.  Per limitare la tendenza ad emettere succhioni di sostituzione o rami secondari, il succhione va rimosso completamente strappandolo dalla base invece di un taglio con le forbici; questa operazione si può solo eseguire solo subito dopo l'emissione del succhione, quando i suoi tessuti non sono ancora lignificati. Con la potatura invernale, invece, si deve tagliare il succhione alla base, riservandosi di intervenire successivamente sui succhioni di sostituzione nella potatura verde. Si potrà comunque scegliere uno dei succhioni da mantenere per sostiture la porzione di chioma mancante. Le azioni possibili sul succhione prescelto sono il taglio lungo, con una spuntatura di raccorciamento, che ha l'effetto di regolazione della competizione nell'ambito del succhione; e l'inclinazione o la curvatura del succhione, che riducono nel complesso la vigoria del succhione, rendendolo meno competitivo nei confronti delle branche sottostanti.

                                                                                                                                                                                          

    Una nota importante riguarda la produzione dei frutti di castagno. Essi vengono prodotti principalmente all’esterno della chioma, questo è un altro importante motivo per cui lo sviluppo della pianta deve essere lasciato libero. Infatti l’illuminazione della chioma è il primo obiettivo da perseguire con i tagli. Ciò vuol dire selezionare i rami che si ombreggiano vicendevolmente e liberare la chioma dalla concorrenza esterna per quanto possibile. Spesso nei castagneti ormai troppo densi ciò vorrebbe dire anche fare una selezione delle piante innestate. In alcuni casi piante molte vicine hanno ormai formato chiome concresciute e vanno gestite come un unicum lavorando sui rami esterni.
    La potatura ha inoltre l’effetto di ringiovanire la chioma attraverso il recupero delle gemme dormienti che vengono attivate. L’attivazione delle gemme dormienti ha un notevole valore per ricostituire chiome troppo danneggiate dalle defogliazioni del cinipide.
    Le modalità del taglio sono quelle della moderna arboricoltura con l’uso prevalente del taglio “di ritorno” e con l’impiego delle corrette procedure per l’abbattimento delle grosse branche per evitare pericolose scosciature sui rami e sui fusti. I tagli devono essere eseguiti con la giusta inclinazione per favorire la cicatrizzazione naturale. In genere non è necessario usare mastici protettivi: il cancro della corteccia infatti difficilmente attacca i grossi tagli e non infetta i rametti ancora verdi interessati.
    Gli interventi vanno effettuati generalmente ogni 3-5 anni, nel periodo della quiete vegetativa della pianta (novembre-aprile). Si consiglia di evitare i periodi più freddi, tra fine dicembre e metà febbraio, quando gli alberi sono più vulnerabili. In questi mesi inoltre il gelo eccessivo o il peso della neve potrebbero causare lo spezzarsi dei rami, e quindi potrebbero essere necessarie ulteriori interventi per eliminare i rami rotti.

    Spollonatura

    Con il termine pollone si indica quella parte di una pianta sotto forma di ramo che si sviluppa direttamente sul tronco o ai piedi dell'albero, a volte anche direttamente dalla radice. Similmente ai succhioni, anche i polloni sottraggono energia e nutrimento alla pianta, esercitando quindi un effetto sfavorevole sulla produzione dei frutti. I polloni vanno tagliati vicini alla loro base, lasciando un moncone non superiore ai 5-6 cm. Sono da evitare strappi o rotture, che potrebbero causare delle infezioni alle piante. Rimuovendo i polloni non solo si permetterà al castagno di distribure meglio le sue energie, ma sarà anche più facile l'accesso alla pianta per effettuare la potatura o per la raccolta.

    Pulizia del sottobosco

    Per facilitare la raccolta in ottobre va effettuata la pulizia del sottobosco in settembre.
    L'erba può essere tagliata con un decespugliatore, o, nei tratti raggiungibili con un trattore, con un trinciaerba. Effettuando un taglio preliminare entro giugno si evita la dissemina di semi di molte piante annuali. In questo modo la vegetazione sotto i castagni sarà meno fitta e sarà facilitato il taglio autunnale.


    Raccolta

    La raccolta delle castagne e dei marroni avviene in autunno, da fine settembre a fine ottobre circa (dipende dalla posizione geografica, dall'altitudine e dalle condizioni meteorologiche). I ricci maturi cadono dalla pianta sul suolo inerbito dove possono essere raccolti. Se le castagne cadono col riccio chiuso devono essere separate dal riccio. Per questa operazione si utilizzano appositi strumenti (paletti di castagno). In molti casi però il castagno o il marrone cade prima del riccio, che rimane attaccato all'albero per alcuni giorni ulteriori. In questi casi la raccolta è più veloce, perché non c'è bisogno della separazione dal riccio. Per la raccolta manuale si utilizzano dei secchi. Bisogna ricordarsi di attrezzarsi di guanti per proteggere le mani dalle punture dei ricci. Esistono anche anche dei metodi meccanizzati per la raccolta, come l'aspiratore a spalla o da trattore. Se le foglie cadono prima delle castagne è utile aiutarsi con un soffiatore a spalla per liberare le zone da raccogliere dalle foglie cadute.


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  • Attività post raccolta

    Cernita

    Per poter vendere le castagne o i marroni bisognerà dividerli in base al calibro. Quest'operazione può essere effettuata a mano o con l'aiuto di una macchina selezionatrice, detta anche vaglio. Le categorie basate sulla pezzatura sono indicativamente le seguenti:
    meno di 55 frutti x kg: fiorone
    56-75 frutti x kg: prima categoria
    76-90 frutti x kg: seconda categoria
    91-110 frutti x kg: terza categoria.

    Oltre alla calibratura del prodotto ci sarà bisogno anche di una cernita approfondita per individuare ed eliminare i frutti ineduli.
    Durante la raccolta si portano a casa inevitabilmente dei frutti bacati, cioè che contengono larve p.e. di balanino, di tortrice intermedia delle castagne o di carpocapsa. Prima della consumazione fresca o della commercializzazione di castagne o di marroni sarà dunque necessario effettuare un esame attento dei frutti raccolti. I segni del baco possono essere più o meno evidenti, e solitamente si possono scorgere sul lato più piatto del frutto. Le castagne o i marroni bacati possono essere dati come alimento ad animali come maiali, pecore o cavalli.


    Conservazione

    La conservazione dei frutti si effettua in diversi modi. Il metodo forse più comune è la curatura, che prevede anche l’eliminazione dei frutti guasti e non eduli. Tradizionalmente invece si conservavano le castagne o i marroni in ricciaie.

    La cura in acqua fredda (novena)

    La cura in acqua fredda si effettua sistemando le castagne entro recipienti di legno o di plastica e versandovi acqua fresca fino a sommergerle completamente.
    L’operazione, che ha una durata di nove giorni, si svolge nel modo seguente:
    sommersione delle castagne in acqua fresca e pulita;
    fino al 4° giorno cambio giornaliero del 50% dell’acqua;
    il 5° giorno cambio totale dell’acqua;
    il 6° e 7° giorno cambio del 50% dell’acqua;
    all’8° giorno cambio totale dell’acqua;
    il 9° giorno estrazione delle castagne dall’acqua.
    Con l'immersione delle castagne in acqua vengono eliminati, per mancanza di ossigeno, i microrganismi aerobi agenti delle muffe e dei marciumi dei frutti.
    Successivamente si sviluppano microrganismi anaerobi che favoriscono una leggera fermentazione con la formazione di piccole quantità di acido lattico all'interno del frutto, la qual cosa ne consente una prolungata conservazione, inoltre serve anche a separare le castagne buone da quelle malate, poiché queste ultime, galleggiando sull’acqua, possono essere facilmente selezionate.
    L'operazione di curatura richiede una continua attenzione da parte degli operatori in quanto potrebbe rendersi necessario intervenire per favorire l'inizio della fermentazione.
    I frutti, dopo la curatura, vanno sistemati in locali arieggiati con pavimentazione in legno, in mattone cotto o, meglio ancora, in listelli di legno per favorire la circolazione dell'aria.
    Lo strato delle castagne non deve superare i 15-20 cm ed è necessario intervenire una o due volte al giorno per arieggiare i frutti, questa operazione favorisce una uniforme asciugatura che si può raggiungere al terzo o quarto giorno.
    Raggiunta questa fase le castagne vengono ammucchiate in strati consistenti e si conservano per un lungo periodo purché vengano rivoltate periodicamente.
    La curatura è una pratica di facile applicazione e può essere effettuata anche per piccoli quantitativi di prodotto da parte di quei consumatori che intendono approvvigionarsi di castagne per tutto l'anno.

    Il metodo della "ricciaia"


    Ecco come si deve operare adottando il tradizionale metodo della «ricciaia»: 
    i ricci caduti (o fatti cadere battendo i rami con delle pertiche) e ancora chiusi vengono rastrellati ed ammucchiati in cumuli alti 50-60 cm a ridosso del tronco di una grossa pianta; 
    il cumulo viene ricoperto con uno strato di foglie al quale viene sovrapposto uno strato di terriccio di bosco dello spessore di 10-12 cm; 
    durante i 12-14 giorni in cui rimane nell’interno del cumulo il riccio perde consistenza consentendo la facile estrazione dei frutti, mentre all’interno di ogni frutto si verifica una lenta fermentazione, con sviluppo di acido lattico ed anidride carbonica, che consente un prolungamento della conservazione per un periodo di 35-45 giorni. 

    Essiccazione

    Per conservare le castagne o i marroni ancor più a lungo si può procedere con l'essiccazione. Il processo di essiccazione delle castagne consiste nella disidratazione progressiva della polpa della castagna che passa da un’umidità (acqua) del 50% fino a valori intorno al 10%. In seguito la conservabilità del frutto sarà superiore ai 12 mesi con un aumento del grado di digeribilità della castagna. La disidratazione favorisce una maggior concentrazione dei principi nutritivi e dei sali minerali presenti nel seme. Le castagne destinate all’essiccazione sono tipicamente quelle di pezzatura ridotta. Similmente è possibile essiccare anche i marroni di pezzatura piccola.
    In alcune località, dove la presenza di castagneti è significativa, si possono ancora osservare esempi di vecchi essiccatoi: piccole costruzioni con muri in pietra e tetti in “lose” (lastre di pietra riquadrate manualmente), con all’interno una travatura portante sulla quale poggiava un graticcio di rami di nocciolo.
    Sul graticcio si stendeva uno strato di castagne dello spessore di circa  30-40 centimetri. Poi, per terra, in mezzo al locale, si accendeva un fuoco di rami verdi di castagno, che doveva fare poca fiamma e molto fumo, in modo da fare essiccare lentamente le castagne. Questo procedimento poteva durare oltre un mese: di tanto in tanto le castagne venivano rivoltate perché la disidratazione avvenisse in modo uniforme. Ancora oggi è possibile trovare degli essiccatori tradizionali, nonostante siano diffusi anche degli essiccatoi moderni.
    Piccole quantità di castagne o marroni possono essere essiccate anche in casa, in un posto asciutto o in forno a bassa temperatura.
    La resa del frutto secco è del 30% circa, cioè da 100 kg di prodotto fresco si otterranno circa 30 kg di prodotto essiccato.

    Sbucciatura

    Se le castagne vengono portate all'essiccatore questo generalmente procederà anche con la sbucciatura, restituendo il prodotto essiccato e sbucciato.
    In casa è possibile sbucciare le castagne secche versando 4 o 5 kg di castagne in un sacco di tela lungo e stretto, sbattendole energicamente con movimento rotatorio su un apposito ceppo di legno. 
    Un altro sistema per sbucciare le castagne è schiacciarle con un pestello, costruito in casa: il più comune è il tipo costituito da un pezzo di legno quadrato appositamente intagliato, spesso alcuni centimetri, munito di un manico leggermente arcuato. Le castagne in questo caso vengono stese sul terreno, solitamente su un telo, e ripetutamente colpite fino ad ottenere il risultato desiderato.
    Le castagne sbucciate vanno accuratamente esaminate per scartare quelle rovinate o non utilizzabili per molitura e/o successive lavorazioni poiché colpite da funghi, quali la Fersa del Castagno, Muffa nera, Nerume delle castagne, Muffa verde e Muffa grigia.

    Molitura 

    Le castagne o i marroni essiccati possono essere portati a un mulino specializzato per procedere con la molitura. La farina di castagne possiede un elevato apporto calorico, per questo motivo le castagne e la farina derivata furono, soprattutto in passato, un'importantissima fonte di sostentamento per molti popoli, in particolare per gli abitanti di regioni montane particolarmente ostili.

    Proprietà e utilizzo della farina di castagne

    Le calorie della farina di castagne ammontano a 343 kcal per 100 grammi di prodotto. La medesima quantità di alimento annovera interessanti proprietà nutrizionali. 100 grammi di prodotto apportano un’alta percentuale di carboidrati e amidi (76,2 g) con un discreto contenuto di proteine (6,1 g) e grassi (3,7 g). I restanti 11,4 g sono costituiti da acqua. La farina di castagne è una buona fonte di sali minerali, tra cui magnesio, zolfo, potassio, ferro e calcio, oltre a un discreto apporto vitaminico del gruppo B, in particolare vitamine B1, B2, e vitamina C. 
    La farina di castagne può essere usata come addensante per stufati, zuppe e salse. In alcune regioni d’Italia la farina di castagne è fritta per preparare ciambella o frittelle chiamate fritelli; cotta al forno, la farina di castagne è trasformata in necci, pattoni, manafregoli, castagnacci e altri dolci tipici. Il pane preparato con la farina di castagne è molto nutriente e ha il pregio di rimanere fresco fino a due settimane.



  • Esperienza pratica in castagneto: WWOOFing

    La rete di fattorie biologiche dell'Associazione WWOOF Italia offre la possibilità di fare delle esperienze pratiche in castagneti su tutto il territorio nazionale.  Per avere un'anteprima delle fattorie associate che si occupano di castanicoltura fate una ricerca tematica sul sito www.wwoof.it/it/hosts/cerca.

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